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La Lanterna del Montorsoli: tra storia, architettura e simbolismo

Di Grace Macrì

Siccome ho passato tanto tempo a studiare un faro in particolare voglio contribuire alla condivisione sul vostro gruppo di questo mio piccolo lavoro.

La città è Messina che mi ha ospitata per ben 9 anni e il faro è quello di San Raineri o Lanterna del Montorsoli, dal nome del poco fortunato progettista. Non passava giorno che non mi recavo al porto o nella zona chiamata Passeggiata al mare, un affaccio sullo stretto che offre la città per vedere i suoi 3 lampi bianchi.

Di Gtace Macrì

Di Grace Macrì

La torre che ospita l’attuale lanterna del faro si colloca nel braccio di terra tra il mare e il porto della città di Messina che termina con il Forte San Salvatore. Si tratta di una torre che sorge su una struttura preesistente ed usata fin dal Trecento come “lanterna”.

Se le torri inetà classica e medievale si avvalevano di forme quadrate, rettangolari o circolari ed in ogni caso prive di una precisa corrispondenza con la funzione da espletare, nel periodo rinascimentale si trasformano in acutangole, forma ereditata dalle architetture sveve, dando vita al “bastione” o “baluardo”. La novità di questa torre non sta solo nella forma, ma anche nella raffinatezza del rivestimento, nonché nella simbologia strutturale, che sembra contenere tutto un codice interpretativo dell’intera città.

Per quello che riguarda la storia dell’edificazione della torre l’intera bibliografia è controversa e, per alcuni decenni, addirittura assente.

Un’epigrafe marmorea affissa un tempo all’edificio reca la data del 1555. Secondo lo storico Potestà l’epigrafe sarebbe da attribuirsi a Francesco Maurolico, famoso scienziato messinese. Di fatto quasi tutti gli storici siciliani e non smentiscono quella data e ne propongono altre, non meno improbabili. Il caso più eclatante si nota confrontando l’opera originale di Tommaso Fazello del 1558 e la sua traduzione, piuttosto “libera”, di Remigio Fiorentino del 1573. Nella prima opera si parla di una torre che era stata restaurata nel 1556, mentre nella seconda di una torre che era stata distrutta in quello stesso anno. Ora se, come afferma Nicola Aricò, storico contemporaneo messinese, si può accettare un’ impropria terminologia per “restaurare” nel senso di “ricominciare”, non si può però equivocare sul significato del tutto opposto del termine “demolire”.

Nel 1562 il Maurolico pubblicava l’opera Sicanicarum rerum compendium in cui descriveva gli episodi più significativi della storia della città fino al 1558. Della nostra torre non si fa menzione alcuna nell’opera né nella successiva bibliografia relativa alla città.

Nel 1606 Giuseppe Buonfiglio e Costanzo pubblica a Venezia Messina Città Nobilissima in cui si torna a parlare di una torre <<non perfettionata, con grande et fortissima struttura di pietre riquadrate et lavorate a bugne>> e prosegue dicendo <<veduta habbiamo la sua edificatione nei tempi nostri>>. Inoltre, l’autore, trascriveva nell’epitaffio di marmo tutti gli artefici politico-amministrativi, da Carlo V ai Senatori messinesi in carica tra l’aprile 1555 e l’aprile 1556, ma riconosceva la paternità dell’opera al viceré Juan de Vega, ufficializzandone anche l’anno al 1555.

Ancora nell’opera del gesuita Placido Samperi Iconologia della Gloriosa Vergine Madre di Dio Maria Protettrice di Messina del 1644 viene confermato che fu il suddetto viceré a riedificare la torre.

Ciò che risulta molto strano è che in un lasso di tempo di quasi un secolo nessun autore che ha scritto della Lanterna si sia curato di nominare il suo progettista: Giovannangelo Montorsoli. Inoltre chi si è occupato delle sue opere non ha mai menzionato la Lanterna.

Contribuiscono ad aumentare il mistero della Lanterna altre opere come l’Historia sagra in cui Silvestro Maurolico nel 1613 dimentica di includere nella cronologia dedicata al frate servita questa importante esperienza progettuale. E la Messana di Samperi del 1742, pubblicata postuma, in cui tra le opere del Montorsoli non si cita la Lanterna.

In definitiva possiamo dire che se Giorgio Vasari non avesse saputo a Firenze dal Montorsoli stesso il suo impegno nella progettazione della Lanterna e riferendolo dopo, nell’edizione del 1568 de Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori, noi non avremmo mai saputo chi progettò questa opera, del tutto particolare nel patrimonio architettonico militare siciliano. Il primo autore che, in sede locale, ripete l’indicazione di Vasari è, solo tre secoli dopo, nel 1840, Giuseppe La Farina nel suo Messina ed i suoi monumenti. Poi nel 1874 la guida della città di Messina scritta da Martinez riconosceva il Montorsoli come progettista della Lanterna, anche se l’anno di costruzione era spostato al 1566. Sappiamo sia dalle attestazioni del Vasari che dalle informazioni interne all’Accademia Fiorentina del Disegno, di cui Montorsoli e lo stesso Vasari erano i fondatori, che l’architetto fu in Sicilia dal 1547 al 1557, proprio il periodo in cui era viceré Juan de Vega. Si tratta di un periodo pieno di vicende belliche e di attività edilizie volte alla fortificazione e difesa del territorio costiero di tutta l’ isola ed era la prima volta che veniva elaborato un progetto di difesa tramite la costruzione di torri costiere. Nel 1551 si tenne a Messina un Consiglio di Guerra a cui erano stati invitati parecchi ingegneri. Si decise di costruire una nuova torre sul braccio di San Raineri perché la vecchia struttura medievale, a servizio di faro o lanterna, era inutilizzabile o addirittura crollata, come lascerebbe ipotizzare un disegno di Pieter Bruegel del 1552. Ma parecchi altri dipinti dello stesso periodo invece che far luce sull’anno di costruzione della lanterna, insinuano altri dubbi nella già complessa storiografia.

Nel dover ricostruire la torre della lanterna sarebbe stato l’ideale quindi soddisfare con una sola struttura l’esigenza della difesa e quella, non meno importante, di guida ai naviganti. Un documento del 1553 dimostra che l’appalto per la costruzione di questa struttura era stato dato al mastro muratore Natale D’Angelo e doveva essere ultimata in sei mesi. Stando ai pochi documenti di cui disponiamo, quando la Corte viceregia raggiungeva Messina nel luglio 1554 la struttura era in realtà terminata, ma lo stesso viceré, competente in architettura militare e di sicuro in disaccordo con l’ingegnere Antonio Prado, che in quegli anni si occupava delle fortificazioni siciliane, ne ordinò l’immediata demolizione e una nuova ricostruzione con le caratteristiche che egli stesso avrebbe suggerito. Probabilmente il viceré giudicava la torre gracile per reggere la distanza di circa un chilometro fino al forte San Salvatore e ancor più dal baluardo di San Giorgio. Il volume della nuova torre avrebbe, invece, dovuto dominare non solo in altezza ciascun edificio urbano, ma anche annullare ogni oggetto in riva allo Stretto.

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La torre della lanterna vista dal mare (Photo credit: Mar. Giovanni Bonfiglio)

Torniamo alla storia di questa opera imponente..

Per la demolizione della vecchia torre sappiamo che si sono spesi circa 1028 onze e per la costruzione della nuova ne necessitavano oltre 2800. Ad aumentate poi l’importo sicuramente contribuiva ilgrande impiego di lastre di pietra per il rivestimento della nuova torre e l’assunzione di altro personale e più qualificato.

Morto il Prado e avendo bisogno di un costante controllo dei lavori, venne chiamato il Montorsoli essendo, tra l’altro, amico dell’anziano principe-corsaro Andrea Doria. La clamorosa decisione del viceré di demolire la torre e costruirne un’altra in tempi brevi, poiché il suo mandato stava per scadere, mise “in ombra” il lavoro dello scultore fiorentino. Ecco quindi il perché dell’incisione sulla tavola marmorea dell’anno 1555. Un importante evento storiografico ne giustifica il tutto: negli ultimi mesi del 1555 Carlo V abdica in favore del figlio Filippo II e anche se il vecchio viceré viene confermato tra i due ci sono tensioni e, prima di lasciare Messina, il 3 ottobre 1556, de Vega voleva attestare il suo ruolo nella costruzione della Lanterna. In pratica, se avesse fatto scrivere nell’epigrafe <<1556>> sarebbe stato escluso Carlo V da questa importante opera. D’altra parte, sarebbe stato scorretto attribuire al figlio Filippo II una struttura nata e quasi ultimata negli ultimi anni dell’impero paterno. Pertanto la data che reca la targa è una studiata volontà del de Vega e l’incipit non lascia dubbi: <<Carlo V Imperante>>. Svelare quindi il ritardo nel termine della costruzione e giustificare l’intervento del Montorsoli sarebbe anche valso ad escludere sé stesso dalla collaborazione di una così grande opera edilizia.

 

Fonte: Nicola Aricò “La Torre della lanterna di Giovannangelo Montorsoli”

2 thoughts on “La Lanterna del Montorsoli: tra storia, architettura e simbolismo

  1. Tutto il contenuto non fa altro che parafrasare (o copiare) il libro di Aricò “La Torre della lanterna di Giovannangelo Montorsoli”, citato solo en passant. Perché non essere originali?

    • gentile felice,
      siamo lieti che tu segua attentamente il blog. nel merito: il blog vorrebbe appunto mettere in contatto gli appassionati del genere, per cui l’autrice, crediamo abbia preso ispirazione dalla sua tesi di laurea e riteniamo che fosse lecito e corretta; comunque nel caso l’errore è nostro che non abbiamo corretamente citato la fonte. scusaci. Provvederemo. Sarebbe molto interessante ed utile se volessi aggiungere dettagli che ci sono sconosciuti o mancanti. Continua a seguirci e non avercene. un caro saluto. gianni

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